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All'infrarosso |
Franco Moscadelli - 29.01.2008 |
La tecnica di riproduzione all'infrarosso é ampiamente usata in moltissime applicazioni spesso accompagnata da altri metodi di analisi non distruttivi; esistono, grosso modo, due categorie di applicazione: La fotografia all'infrarosso La fotografia con il materiale negativo all'infrarosso, viene eseguita mediante emulsioni che portano incorporate delle sostanze che le rendono sensibili alle lunghezze d'onda maggiori di quelle che usiamo normalmente (rotolini per foto di materiale ortocromatico o pancromatico). Queste lunghezze d'onda non sono comprese nello spettro visibile e non sono quindi percepibili dalla nostra vista. Per limitare la sensibilità della pellicola alle sole radiazioni infrarosse é necessario l'uso di filtri appropriati che hanno il compito di assorbire tutte le altre lunghezze d'onda più brevi. I filtri più usati sono quelli rosso rubino o meglio il filtro nero. Si ricorda per chi fotografa all'infrarosso che esiste una variazione del piano focale, l'immagine si forma un pò più indietro, circa 1/200 della lunghezza focale dell'obbiettivo. Alcuni esempiUsciamo dalle note tecniche e vediamo qualche interessante esempio: la più importante applicazione della fotografia all'infrarosso é quella della riproduzione di testi bruciati, deteriorati dal tempo o dall'accumulo di sporco, cancellati con inchiostro, chimicamente o meccanicamente e quindi nuovamente scritti, buste, francobolli falsificati e timbri. Uno scritto semi-carbonizzato nel quale la scrittura o la stampa non siano quasi più visibili, verrà reso leggibile perché i pigmenti dell'inchiostro ASSORBONO le radiazioni infrarosse, mentre la carta le RIFLETTE: quindi la carta bruciata risulterà in tonalità chiara e la scrittura in tonalità scura. Frammento di pergamena del Mar Morto annerito dal tempo con le scritte illeggibili. Sopra foto pancromatica e sotto foto all'infrarosso. Impronta di Firenze in nero su documento prefilatelico. Ingrandimento con tracce di pigmento acquoso rosso magenta aggiunto in epoca recente per frodare i collezionisti. Molte volte inchiostri, pigmenti e altre sostanze che appaiono identici a occhio nudo, sono spesso registrati in modo completamente diverso in una fotografia all'infrarosso. Risultati particolarmente positivi sono stati ottenuti nella decifrazione di documenti falsificati, fotografando la luminescenza infrarossa con l'esposizione alla radiazione ultravioletta; si ricorre a questa tecnica quando si presume che il metodo normale di riflessione non abbia fornito tutte le informazioni desiderate. Fotografia all'ultravioletto: francobollo a destra nella foto falso. Documento prefilatelico con francobollo aggiunto in epoca recente e falsificazione dell'impronta del timbro di Lucca del 1851. Il problema maggiore nello studio di documenti é costituito dalla presenza di due o più inchiostri: quello applicato per ultimo deve avere una certa trasparenza o maggiore riflessione dell'infrarosso rispetto all'inchiostro che sta sotto. La maggior parte degli inchiostri registrati scuri hanno come maggior componente il "pirogallato di osmio", invece quelli registrati più chiari sono per la maggior parte di origine vegetale. Sono stati fotografati all'infrarosso con ottimi risultati anche fotografie, mappe, incisioni e disegni che erano sbiaditi o scoloriti per l'età. Milan azzurro a destra nella foto. Sopra: foto pancromatica. Sotto: foto all'ultravioletto dove é ben visibile l'assenza della fluorescenza (trucco). Falsificazione di un'affrancatura meccanica. L'alterazione non era visibile ad occhio nudo: sopra foto normale e sotto foto all'infrarosso. |